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Il Castello Della Bestia
Aurora Russell


Veronica Carson, recentemente licenziata, viene raccomandata per un lavoro alla pari dall'elegante leader del suo gruppo di conversazione francese, ed ГЁ subito attratta dal piccolo e gioioso, Jean-Philippe, il bambino di cui dovrГ  occuparsi, ma ancora di piГ№ dal suo cupo padre.

Alain Reynard, uomo d'affari di successo senza scrupoli, ha giГ  amato in passato e non vuole ripetere la dolorosa esperienza, soprattutto non vuole avere niente a che fare con la nuova bella ragazza alla pari di suo figlio.

Mentre i pettegolezzi si sprecano, le verità del passato e del presente si scontrano, Veronica dovrà decidere se Alain è davvero la bestia di cui si vocifera e, se è così, lei potrà amarlo abbastanza da spezzare gli oscuri ricordi e i segreti che lo legano al passato?

Il nuovo lavoro di Veronica arriva corredato da un bambino adorabile, un castello gotico e... una bestia?

Veronica Carson, recentemente licenziata, viene raccomandata per un lavoro alla pari dall'elegante leader del suo gruppo di conversazione francese, Non ГЁ sicura di cosa aspettarsi, ma non un castello gotico nel profondo delle terre selvagge del Maine. Tuttavia, ГЁ subito attratta dal piccolo e gioioso, Jean-Philippe, il bambino di cui dovrГ  occuparsi, ma ancora di piГ№ dal suo cupo padre.

Alain Reynard, uomo d'affari di successo senza scrupoli, ha giГ  amato in passato e non desidera ripetere la dolorosa esperienza. La tragedia del suo recente passato ГЁ ancora fresca nella sua mente, e non vuole avere niente a che fare con la nuova e bella ragazza alla pari di suo figlio. Nonostante i suoi sforzi, perГІ, non riesce a togliersela dalla testa.

Una storia d'amore appassionata comincia a sbocciare, ma viene messa alla prova quando tornano i dolorosi ricordi del passato di Alain. Mentre girano brutte voci, le verità del passato e del presente si scontrano. Veronica deve decidere se Alain è davvero una bestia e, se è così, lei potrà amarlo abbastanza da spezzare gli oscuri ricordi e i segreti che lo legano al passato?









Table of Contents


Books by Aurora Russell (#uc55a9d67-3a73-5ef0-a842-d936a3d0d9c7)

Title Page (#u9c76ebcc-5fc9-5af3-ad4e-61cccf908215)

Legal Page (#ue2f4f42c-4bba-566c-89fe-abc165b4c024)

Book Description (#u1c31d34f-cc69-5eb3-8fd4-e81d468480b7)

Dedica (#u7923550b-6b2a-5cb7-a6da-4b4a5e85e182)

Capitolo Uno (#u8a64f6f5-c470-5731-9903-7ad712790fe1)

Capitolo Due (#u86ef0b6d-33ef-5c87-aefb-06d01bde4966)

Capitolo Tre (#ua8be6621-cdc4-5d33-b92c-f162f3abd1dd)

Capitolo Quattro (#u197beadd-0db8-506b-8a1d-240819fcbd15)

Capitolo Cinque (#u9c4dc7d0-a4fd-5cc0-9973-196c11e4f15b)

Capitolo Sei (#u77012688-82f8-5831-af8c-7ff49ef8bc7c)

Capitolo Sette (#u3e563eef-6414-5170-9481-4081c8ced310)

Capitolo Otto (#u5cb7ce5a-f568-5fa1-8c3d-79d2a85112c2)

Capitolo Nove (#uef092030-d283-5e89-8314-89d9f7865cae)

Capitolo Dieci (#u94863829-3e21-51d7-be57-86e542434ea8)

Capitolo Undici (#uea1c747e-7c6c-5e33-904a-3056a8a1781c)

Capitolo Dodici (#u33e62dd5-27ac-5afd-8b60-4e6285e1acbf)

Capitolo Tredici (#u7547372c-7d10-5a9d-8120-7b56dac0e59f)

Capitolo Quattordici (#ufd43f330-0caf-556f-aaef-cad5f2dee164)

Capitolo Quindici (#ueff70c5e-38cf-5515-957a-1df1b83bcb78)

Epilogo (#u044bab25-f6be-50ce-897a-c6909ce9912b)

More exciting books! (#u7cbdffc0-bf4b-5315-ac7a-ba8f804d3894)

L’Autrice (#u921cec5a-7951-56d5-85b5-fbdf23854f7d)


Totally Bound Publishing books by Aurora Russell



Single Books

The Au Pair and the Beast (http://www.totallybound.com/the-au-pair-and-the-beast)



Anywhere and Always

Falling for the Tycoon (http://www.totallybound.com/falling-for-the-tycoon)

Snowbound with the Billionaire (http://www.totallybound.com/snowbound-with-the-billionaire)


IL CASTELLO DELLA BESTIA

AURORA RUSSELL


Questa è un’opera di fantasia. Nomi, personaggi, luoghi ed eventi sono frutto dell’immaginazione dell’autore o sono usati in modo fittizio e non devono essere considerati come reali. Qualsiasi riferimento a fatti realmente accaduti o a persone, in vita o defunte, è puramente casuale.



“Au Pair and The Beast” ©Copyright Aurora Russell 2021

Cover Art by Louisa Maggio В©Copyright February 2021

“Il Castello della Bestia” Traduzione Italiana ©Alessandra Maffioli 2021

Editing a cura di Chiara Vitali

ISBN: 978-1-80250-050-9



Tutti i diritti sono riservati. Nessuna parte di questo libro può essere utilizzata, riprodotta elettronicamente o stampata senza autorizzazione scritta dell’Editore o dell’Autore, fatta eccezione per brevi citazioni inserite nelle recensioni.



Pubblicato nel 2021 da Totally Bound Publishing, Regno Unito.


Il nuovo lavoro di Veronica arriva corredato da un bambino adorabile, un castello gotico e... una bestia?



Veronica Carson, recentemente licenziata, viene raccomandata per un lavoro alla pari dall’elegante leader del suo gruppo di conversazione francese. Non è sicura di cosa aspettarsi, ma certo non un castello gotico nel profondo delle terre selvagge del Maine. Tuttavia, è subito attratta dal piccolo e gioioso Jean-Philippe, il bambino di cui dovrà occuparsi, ma ancora di più dal suo cupo padre.



Alain Reynard, uomo d’affari di successo e senza scrupoli, ha già amato in passato e non desidera ripetere la dolorosa esperienza. La tragedia del suo recente passato è ancora fresca nella sua mente, e non vuole avere niente a che fare con la nuova e bella ragazza alla pari di suo figlio. Nonostante i suoi sforzi, però, non riesce a togliersela dalla testa.



Una storia d’amore appassionata comincia a sbocciare, ma viene messa alla prova quando i dolorosi ricordi del passato di Alain tornano a farsi vivi. Mentre girano brutte voci, le verità del passato e del presente si scontrano. Veronica deve decidere se Alain è davvero una bestia e, se è così, lei potrà amarlo abbastanza da spezzare gli oscuri ricordi e i segreti che lo legano al passato?


Dedica

Per la mia bestia, e per i nostri due bellissimi, energici, sciocchi ragazzi. E poi, per il resto della mia meravigliosa famiglia e amici, ma soprattutto per mio padre e la mia matrigna, i miei piГ№ grandi fan e sostenitori in tutto ciГІ che faccio. Infine, per mio fratello e mia cognata.

Forse siamo sempre stati destinati a essere una famiglia, ma sono davvero grata che abbiamo scelto di essere anche amici.


Capitolo Uno

«Aspetta ... sta mandando la sua macchina con l’autista a prenderti alla stazione dei treni? Per portarti al suo castello? Che cosa squisitamente gotica!! Probabilmente quel maniero si trova in alto su qualche scogliera, con una vista incredibilmente pittoresca delle onde che si infrangono sulle rocce.»

Veronica accennГІ un sorriso alle parole di Katrin che crepitavano attraverso il suo cellulare, la cui ricezione sembrava andare e venire mentre lei proseguiva il suo viaggio. La sua migliore amica aveva una spiccata attitudine al dramma, perfezionata grazie a un certo numero di lezioni di teatro al college.

«Beh, se la metti così... in effetti sembra piuttosto intrigante» concordò Veronica ridendo. «Se è così, ti manderò sicuramente una foto del panorama, con tanto di nebbia e spruzzi del mare.»

La risatina di risposta della sua amica risuonГІ divertita. В«Come fa la signora Montreaux a conoscere questo tizio?В»

Ripensandoci, Veronica non era sicura che la donna che guidava il suo gruppo di conversazione francese glielo avesse mai spiegato... non nello specifico, comunque. «È stato strano. Non ne sono sicura... un giorno mi ha preso da parte, al termine di una riunione del nostro gruppo di conversazione, e mi ha detto di aver sentito parlare di un lavoro per il quale pensava che sarei stata perfetta, sai, dato che sapeva che avevo perso il mio lavoro dopo l’acquisizione della Dumfries & Partners. Ho avuto l’impressione, forse dal tono della sua voce o qualcosa del genere, che lui sia una specie di amico di famiglia, ma è stata molto vaga nei dettagli.» Tamburellò le dita sul bracciolo mentre rifletteva. «Ho dovuto firmare un accordo di riservatezza prima ancora che mi mandassero la descrizione del lavoro.»

«Hmm-mm.» Quell’unico breve verso della sua amica sembrava riflettere scetticismo e sospetto. «Quanti anni hanno i bambini?»

«Solo uno. Un maschietto. Penso che abbia quattro anni... Non va ancora a scuola, ma frequenta l’asilo.»

Veronica osservò il paesaggio sempre più rurale e boscoso che sfrecciava fuori dal finestrino. La giornata era grigia e uggiosa, ma la bellezza delle terre selvagge del Maine era ancora innegabile. La voce automatizzata, ben modulata e incredibilmente femminile dell’annunciatrice, giunse dagli altoparlanti.

“Siamo in arrivo a Grant’s Cliff.Grant’s Cliff è una fermata a richiesta.Per favore avvisate il controllore, se dovete scendere.”

L’eccitazione e il nervosismo si combinarono in un’unica potente scintilla che scatenò un turbinio di farfalle nello stomaco di Veronica, proprio mentre si alzava e iniziava a raccogliere le sue cose.

В«Scusa, K... Devo andare. Hanno appena annunciato la mia fermata. Ti chiamo piГ№ tardi, okay?В»

«Sì! Chiama, invia un messaggio, qualsiasi cosa... Aspetterò con impazienza di sapere che non ti hanno incatenata nel seminterrato di questo tizio, o nelle segrete. In ogni caso, stai attenta! E buona fortuna!»

Sostenendo il telefono tra la spalla e la guancia, Veronica scoppiГІ in una risata che risultГІ smorzata, mentre prendeva la borsa dalla cappelliera. В«Grazie!В»

В«Quando vuoi! Ciao!В»

«Ciao.» rispose Veronica, lasciando cadere la borsa sul sedile e sfiorando lo schermo del suo cellulare per terminare la chiamata. E, a quanto pareva, lo aveva fatto al momento giusto, visto che catturò l’occhiata del controllore e il treno cominciò a rallentare. Lei gli aveva comunicato in precedenza dove sarebbe scesa, ed era contenta di averlo fatto, perché sembrava che nessun altro avesse intenzione di muoversi. Evidentemente Grant’s Cliff non era una destinazione popolare.

В«Da questa parte, signorina.В» Il volto segnato dalle intemperie del capotreno si increspГІ in un sorriso gentile, quando le fece un cenno con una mano indurita dal lavoro.

«Grazie.» Lei gli restituì il sorriso e fece scivolare la tracolla della valigia di traverso sulla spalla, spostandola poi sulla schiena in modo da potersi affrettare lungo il corridoio centrale più facilmente. «Sono l’unica a scendere?»

«Esatto» rispose lui con il suo marcato accento del Maine. Lei pensò che il capotreno non avrebbe aggiunto altro, ma mentre usciva dalla porta aperta sul piccolo marciapiedi, lo sentì aggiungere: «Non c’è molto qui fuori al giorno d’oggi, a parte il castello e la bestia.»

Sorpresa, Veronica si voltГІ, ma le porte si erano giГ  chiuse con un fruscio e il treno aveva iniziato a ripartire. Va bene, forza.

Si voltò e osservò la stazione deserta. Si trattava più che altro di una piccola costruzione, posta accanto a una piattaforma di cemento con dei gradini che portavano a essa. L’insegna di metallo con il nome della stazione non era più grande di un cartello stradale e sembrava consumata dalle intemperie. La giornata uggiosa aveva lasciato il posto alla nebbia, e ora che il treno era ripartito, l’unico suono era il sussurro ovattato del vento tra migliaia di alberi. Dove diavolo è l’autista? si chiese. Anche mentre si guardava intorno, metà della sua mente era ancora concentrata sulle strane parole del capotreno. Cosa intendeva conla bestia?Perché nessun altro gliene aveva parlato? Si trattava forse di un centro nevralgico per i cacciatori di Sasquatch? O il territorio di un feroce grizzly? Un attimo! C’erano dei grizzly nel Maine, per caso? Era convinta che ci fossero solo orsi bruni. Tuttavia, anche un orso bruno avrebbe potuto sicuramente passare per una bestia selvaggia.

Quando la mano gentile di qualcuno le toccГІ la spalla, strappandola dai suoi pensieri, urlГІ e balzГІ a un metro da terra.

«Mademoiselle Carson? Veronica Carson?» L’accento dell’uomo di mezza età era inconfondibilmente francese e pronunciò il suo nome Vehr-oh-nee-ka. Lei si portò rapidamente la mano sul collo, dove il suo battito era ancora accelerato.

«Sì» annuì, leggermente senza fiato. «Mi dispiace tanto. Non l’ho sentita arrivare.»

L’uomo, che indossava un abito scuro e persino un berretto da autista, sorrise con comprensione. «La nebbia. Quando è così fitta, beh... è tutto più ovattato.»

«Certo, ha senso.» Lei si sentì sollevata da una spiegazione così semplice.

Lui le porse la mano. В«Claude Hormet, al servizio di Monsieur Reynard da molti anni.В»

Veronica tese la sua, e ricevette una solida stretta di mano. В«Piacere di conoscerla, Monsieur Hormet.В»

Il sorriso dell’uomo si allargò alla pronuncia del suo nome, e le sembrò di vedere una certa sorpresa balenare nei suoi occhi «È un vero piacere conoscerla, Mademoiselle. Ci era stato detto che parlava bene il francese e posso confermarlo, se non le dispiace che lo dica.»

«Grazie. È molto gentile da parte sua. Sarei felice di cambiare lingua, se lo desidera, così potrebbe davvero giudicare.»

Monsieur Hormet sorrise di nuovo. В«Mi piacerebbe, magari piГ№ tardi. Per ora la accompagno allo chГўteau.В»

Le prese la borsa e la condusse a una berlina Lincoln nera e lucida che sembrava in perfette condizioni nonostante dovesse avere almeno trent’anni. Le aprì la portiera posteriore, e quando lei si accomodò sul sedile, le fece un piccolo inchino prima di richiuderla. Non sentì nemmeno il baule chiudersi dopo che lui ci ebbe messo dentro la valigia, e quando cominciarono a muoversi, il viaggio fu così tranquillo che le sembrò di fluttuare.

Monsieur Hormet non parlò più, e intuendo che forse sarebbe stato considerato troppo informale per lei iniziare una conversazione, anche Veronica rimase in silenzio. Invece, tirò fuori la cartellina con una copia del suo curriculum e una lista di referenze. Riesaminò di nuovo i suoi appunti, ma erano piuttosto scarsi. Dalle poche informazioni che avevano accompagnato la descrizione dell’impiego, non sapeva molto di quell’offerta e nemmeno del suo futuro datore di lavoro, a parte il suo cognome, così provò di nuovo nella sua testa quello che avrebbe potuto dire in merito alle sue esperienze professionali.

Era così immersa nei suoi pensieri, a suo agio sulla sontuosa pelle dei sedili, che non alzò lo sguardo finché la macchina non iniziò a rallentare. E allora…Wow. La dimora che si profilò davanti a lei era davvero un castello, fatto di pietra con torri e torrioni. Se ci fosse stato un fossato e non si fosse trovata nel Maine, non si sarebbe sorpresa se qualcuno le avesse detto che era di epoca medievale.

Doveva essere trasalita per la sorpresa, perchГ© Monsieur Hormet catturГІ il suo sguardo nello specchietto retrovisore.

В«Ah, le chГўteau ГЁ bello, vero?В»

Osservando le linee della massiccia struttura, Veronica notò che erano anche sorprendentemente delicate. Anche se grande, era anche un capolavoro architettonico, equilibrato ed elegante. Cercando ancora di abbracciare con lo sguardo ogni parte dello château, rispose con entusiasmo: «Oh sì, assolutamente stupendo!»

Si fermarono proprio davanti ai gradini, e Monsieur Hormet si avvicinò per aiutarla a scendere dalla macchina. L’aria che le accarezzò il viso era più fresca di quella umida e pesante della stazione, e trasportava l’inconfondibile sapore salmastro dell’oceano. Curvò le labbra in un piccolo sorriso quando percepì il lontano infrangersi delle onde sulle rocce. Katrin sarebbe stata felicissima di sapere che la sua ipotesi era stata, almeno in parte, corretta.

«Se vuole seguirmi, Mademoiselle, la accompagno nel salone.» Monsieur Hormet diede un’occhiata alle finestre anteriori e indicò un piccolo movimento all’interno. «Eveline farà sapere a Monsieur Reynard del suo arrivo.»

Piegando il collo nel modo più discreto possibile per guardarsi intorno, Veronica lo seguì su per un gran numero di gradini di pietra, ed entrò nello château. Riuscì solo a intravedere l’enorme atrio d’ingresso prima di percorrere un ampio corridoio che conduceva in una stanza che sembrava una specie di salotto formale. C’erano diversi posti a sedere intorno alla stanza, e lui le fece cenno di accomodarsi su una poltrona dallo schienale diritto, nel gruppo più vicino alle finestre. Anche con la nebbia, si poteva comunque capire che le finestre affacciavano sull’oceano, una distesa grigio-verde di acqua gelida dell’Atlantico; la vista sembrava più maestosa che invitante, e le piaceva molto.

Combattendo l’impulso di premere il naso contro le vetrate, si sedette su una sedia in quello che sperava fosse un atteggiamento professionale e dignitoso. Prese di nuovo la cartellina e attese. C’era un orologio decorato e dorato, che sembrava un’antichità che sarebbe stata perfetta per il museo d’arte di Boston, e il suo ticchettio risuonava nella stanza altrimenti silenziosa. Al click della maniglia della porta che girava, balzò in piedi e si voltò per salutare la persona che le avrebbe fatto il colloquio. La figura che entrò era considerevolmente più bassa e più veloce di quanto si fosse aspettata, però.

Mentre si precipitava verso di lei a tutta velocitГ , Veronica vide un bambino con una massa di capelli biondo dorato, occhi azzurri e guance rosee indice di buona salute. Il suo viso felice era illuminato da un enorme sorriso. Veronica si preparГІ per un possibile impatto, ma il bimbo si fermГІ bruscamente proprio di fronte a lei e la squadrГІ con curiositГ .

«Sei carina» disse in francese, «ma non mi piace il tuo cappotto. Mi hanno insegnato a non dire “mi fa schifo” o “brutto”.» La guardò in attesa.

Veronica soffocГІ una risata, lanciando uno sguardo al suo cappotto. Era un capo che aveva acquistato per i colloqui, e interiormente concordava che non fosse la cosa piГ№ attraente che possedeva, ma si trattava piГ№ di una questione di praticitГ  che di moda. Ma comunque...

«Sembra che tu sia stato attento, allora» rispose in francese, aggirando la domanda. Posò sulla sedia la cartellina che teneva ancora in mano, e si accovacciò in modo da essere all’altezza degli occhi del bambino. «Come ti chiami? Io sono Veronica.»

«Jean Philippe. Yvette dice che sei qui per prenderti cura di me, ma solo se piacerai a papà. Maman non c’è più. È morta. Anche il nostro cane è morto. A volte sono triste e piango, ma papà dice che va bene.» Il cuore di Veronica si strinse a quelle parole ingenue, ma dovette sopprimere un’altra risata per quello che lui aggiunse dopo. «Mi hai portato un regalo? Papà mi porta sempre un regalo e lo nasconde in una delle tasche. Anche oncle Marius. È per questo che indossi quel cappotto, per nascondere i regali?» le chiese, osservando il suo abbigliamento con più entusiasmo.

«È un piacere conoscerti, Jean-Philippe» rispose Veronica, poi scosse la testa con rammarico. «Non ero al corrente di questa usanza, quindi oggi niente regali, ma prometto che, se rimango, ti porterò qualcosa la prossima volta che vado in città. Sei d’accordo?»

Lui dondolГІ la testolina mentre annuiva, i suoi bei capelli biondi luccicarono nonostante la luce fioca di quella giornata uggiosa. В«Va beneВ» concordГІ. В«Spero che tu vada presto in cittГ .В»

Quella volta Veronica non avrebbe potuto nascondere il suo sorriso nemmeno se ci avesse provato, quindi non se ne preoccupГІ. Un altro rumore le fece alzare di nuovo lo sguardo verso la porta, dove notГІ una giovane donna leggermente preoccupata. Il suo petto si alzava e si abbassava rapidamente, come se avesse corso. Indossava una specie di uniforme, non quella bianca e nera tipica del personale di servizio, ma qualcosa fece pensare a Veronica che potesse essere una domestica o una governante. Lo sguardo che quella donna rivolse a Jean-Philippe era un misto di esasperazione e affetto.

L’uomo entrato subito dietro di lei, però, fece scattare Veronica in piedi e la costrinse a raddrizzare la schiena. Era alto, probabilmente vicino ai due metri, e le spalle e il petto erano ampi e muscolosi. Indossava un abito che doveva essere stato fatto su misura per adattarsi così bene alla sua figura imponente, ed emanava un’aura di puro potere. Sicuro di sé. Avrebbe dovuto essere cieca o completamente incurante per non essere consapevole della prestanza di un uomo simile.

Nonostante la sua stazza e la sua stessa presenza sembrassero riempire la stanza, fu il suo viso ad affascinarla davvero. I capelli scuri e ondulati incorniciavano il volto più attraente che avesse mai visto. Non avrebbe potuto definirlo bello, il suo naso romano era un po’ troppo prominente, ma i suoi lineamenti erano virili, forti e assolutamente stupefacenti. Notò, anche da quella distanza, che i suoi occhi erano di un marrone intenso come il cioccolato fondente fuso, incorniciati da spesse ciglia scure, e sembravano scrutarla dentro dall’altra parte della stanza. Sentì la pelle d’oca salirle sulle braccia e sul collo, e non riuscì a distogliere lo sguardo.

Quando lui cominciò a muoversi, qualsiasi incantesimo l’avesse stregata si ruppe. Con stupore, notò che camminava appoggiandosi a un bastone con passi misurati e che sembravano celare un dolore nascosto.

«Oh, Monsieur, mi dispiace tanto. È scappato via, quando invece avrebbe dovuto seguirmi» si scusò la giovane donna con l’uomo che Veronica immaginò fosse Monsieur Reynard.

Lui inclinГІ leggermente la testa e, sebbene il suo viso fosse rimasto impassibile, Veronica vi scorse una certa indulgenza.

В«Capisco, Yvette. Puoi tornare al tuo lavoro.В» Il suo tono era profondo e tenebroso, roco. Si diffuse attraverso la stanza silenziosa, riempiendo ogni angolo, anche se parlava a bassa voce.

La giovane donna fece un piccolo inchino e uscì in fretta dalla stanza con gratitudine, lasciando soli Veronica, Jean-Philippe e Monsieur Reynard.

«Papà!» esclamò il ragazzino, confermando l’ipotesi di Veronica sull’identità dell’uomo. Lo vide fare una smorfia quasi impercettibile quando il suo bambino gli andò a sbattere contro una gamba in una dimostrazione di affetto infantile.

В«Vedo che hai incontrato la signorina Carson, figlioloВ» disse guardando Veronica, mentre arruffava la fine capigliatura del bimbo.

«Oh sì! Ti piace? Può rimanere?»

La domanda cadde pesantemente nella stanza silenziosa, e Veronica si voltГІ per prendere di nuovo la cartellina.

В«Ho portato una copia del mio curriculum e un elenco di referenze...В»

«Non ce n’è bisogno» la interruppe Monsieur Reynard, facendo un gesto con la mano come per scacciare le sue parole. «Ho visto abbastanza. Il lavoro è suo.»

La bocca di Veronica si spalancГІ. В«Io, uh ... ci siamo appena conosciuti.В»

Lui sollevò le sopracciglia scure. «È vero.»

Lei scosse la testa. Perché era così turbata? Santo cielo, di solito era più spigliata di così! «Voglio dire, non mi ha fatto il colloquio. Non vuole sapere... di più?»

L’uomo si strinse nelle spalle e inclinò la testa di lato. «Mademoiselle, sono conosciuto per essere un ottimo giudice del carattere delle persone, con pochissime eccezioni. È ciò che mi ha reso un uomo di successo. Jean-Philippe ha bisogno di qualcuno che sia bravo con i bambini, esperto e parli francese. Da quello che ho potuto sentire, lei possiede questi requisiti.»

Veronica avvertì un caldo rossore salirle dal collo, dritto alle guance e poi fino all’attaccatura dei capelli. Per qualche ragione l’idea di non conoscere nulla di quell’uomo, con la sua soverchiante personalità, la rendeva oltremodo agitata. «Stava ascoltando?» chiese con un tono di voce che, si congratulò con se stessa, apparve quasi normale.

Lui si strinse nelle spalle in uno stile meravigliosamente mediterraneo. В«Non di proposito, ma la porta era socchiusa e le voci sono arrivate al corridoio.В»

Ripensando alla sua conversazione con Jean-Philippe, Veronica non riuscì a capire cosa avesse potuto dire, per giustificare quella immediata accettazione. «E ho detto abbastanza per darle questa sicurezza?»

Se aveva pensato di aver superato lo shock iniziale riguardo alla bellezza di lui, come qualcuno che dopo essere saltato nell’acqua fredda inizia ad acclimatarsi, aveva torto. Quando rivolse su di lei tutta la forza dei suoi occhi scuri e profondi e alzò gli angoli della bocca in quello che avrebbe potuto essere l’inizio di un sorriso, lei dovette quasi riprendere fiato. Sentì la pelle d’oca sollevarsi di nuovo sulle braccia.

«Ha superato il controllo delle referenze a pieni voti e deve essere consapevole che il suo accento è perfetto. Ma, soprattutto, non ha perso un colpo, quando mio figlio ha insultato il suo ehm... ensemble.» Indicò con tatto il vestito e lei aprì la bocca per l’indignazione, solo per richiuderla di scatto alle parole che lui pronunciò di seguito. «Credo davvero che lei sia una giovane donna di buon senso, pazienza e gentilezza. Queste sono le qualità che apprezzo più di tutte le altre.»

Le sue lodi la riscaldarono, ed erano così vicine a descrivere il tipo di persona che lei sperava di essere, che Veronica sentì come se un altro pezzo si fosse incastrato in quella connessione che stava iniziando a sentire con lui.

В«Grazie. In tal caso, accetto il lavoro.В» Lui non ricambiГІ il suo sorriso, ma a lei sembrГІ che suoi occhi si fossero leggermente increspati agli angoli.

«Chiederò a Monsieur Hormet di portarle i documenti. Vieni, Jean-Philippe» disse lui, voltandosi e dirigendosi verso la porta con passi lenti e misurati, con un’andatura che lei sospettò dissimulasse un dolore molto ben nascosto. Jean-Philippe lo superò per correre fuori dalla porta prima di suo padre.

Tutto considerato, Veronica fu davvero soddisfatta e sollevata di aver evitato lo stress di un vero e proprio colloquio, poi udì le ultime parole di Monsieur Reynard prima che lasciasse la stanza.

В«Che sollievo incontrare una giovane donna che non si preoccupa troppo del proprio abbigliamento.В»


Capitolo Due

Mentre consegnava a Veronica un fascio di carte da esaminare, Monsieur Hormet passò in rassegna qualche dettaglio, alcuni dei quali lei già conosceva e altri che le erano nuovi. Riassumendo brevemente, le disse che era desiderio del suo nuovo datore di lavoro che Jean-Philippe parlasse inglese per la maggior parte del tempo, ma che voleva anche che suo figlio si sentisse a suo agio a parlare francese con la sua ragazza alla pari se il bimbo lo avesse desiderato. A quanto sembrava, Jean-Philippe aveva avuto una tata che era andata in pensione solo di recente, subito dopo “l’incidente”. Monsieur Hormet lo disse in tono sommesso, quasi come se desiderasse non doverne parlare affatto. Da allora, una delle cameriere, Yvette, aveva fatto un lavoro extra, occupandosi anche di Jean-Philippe, e per questo motivo Veronica avrebbe dovuto iniziare immediatamente, se per lei fosse stato accettabile. Un po’ frastornata da quel vero e proprio diluvio di informazioni, soprattutto dopo tanta segretezza, Veronica annuì. Dopotutto, non aveva nessun altro posto dove stare.

Dopo aver letto e firmato i numerosi documenti, compresi i dettagliati accordi di non divulgazione e riservatezza, che sembravano addirittura eccessivi anche per un milionario, o miliardario, o qualunque cosa fosse Monsieur Reynard, Monsieur Hormet la condusse in quella che sarebbe diventata la sua stanza. Era al secondo piano, sul lato rivolto verso l’oceano, e la vista era davvero mozzafiato. Anche la stanza stessa era incantevole, decorata con mobili antichi come l’enorme letto di mogano, completo di un copriletto di raso blu scuro. La cassettiera e il guardaroba sembravano appartenere a un museo, ma in qualche modo molto amati. Tutto era pulito e ben tenuto, nei colori blu, crema e oro. Veronica ripensò alla sua camera nell’appartamento di Boston e fece una smorfia, al confronto. Aveva sicuramente lasciato almeno un paio di abiti scartati buttati sul copriletto floreale, che non si abbinava per niente al resto dei colori della stanza, ma che lei adorava lo stesso.

Prima che potesse avere il tempo di darsi la “rinfrescata”, che Monsieur Hormet aveva previsto che facesse, sentì una porta aprirsi su cardini ben oliati, e una sfera di energia dai capelli dorati corse nella stanza.

«Mademoiselle Carson, rimani! Sono così emozionato! Quando andrai in città?»

Veronica sorrise al mix entusiasta di francese e inglese. В«Per favore, chiamami Veronica, visto che ho intenzione di chiamarti Jean-PhilippeВ» iniziГІ. Le ci volle un altro secondo, accidenti, si stava arrugginendo, per rendersi conto del motivo per cui le aveva rivolto quella domanda. В«E vuoi sapere quando ti porterГІ un regalo?В»

Jean-Philippe annuì, sorridendo ampiamente e mostrando una fila di denti da latte bianchi e uniformi.

Veronica gli tese le mani. «Non so esattamente quando, ma penso che sarà presto, dato che devo comprare alcune cose. Nel frattempo, che ne dici se ci conoscessimo un po’? Puoi dirmi quali sono le tue attività preferite. Sai, molte delle cose che faremo, potrebbero essere una sorpresa divertente.»

Il ragazzino annuì, chiaramente interessato, e si avvicinò.

В«Mi piace andare alla spiaggia. PapГ  dice che non posso andare da solo, ma a volte, quando mi promette che mi porterГ , deve lavorare. Ti piacciono le conchiglie?В»

Sorridendo, Veronica ripensГІ ai giorni felici che aveva trascorso sulla spiaggia con i suoi fratelli minori, costruendo castelli di sabbia e decorandoli con finestre e porte fatte con le conchiglie. В«Assolutamente. Le conchiglie sono meravigliose. Sapevi che un tempo erano la casa di alcune creature marine?В»

Jean-Philippe sembrava affascinato. В«Sono come degli scheletri?В»

Veronica ci pensò su. «Beh, a volte suppongo che lo siano. Come gli esoscheletri di alcune creature, cioè scheletri che gli animali indossano all’esterno invece che all’interno. Ma altre creature escono dai loro gusci, quando trovano una nuova casa, come i paguri, per esempio: man mano che crescono, lasciano il loro vecchio guscio, perché diventa troppo piccolo.» Imitò il movimento di un granchio facendo strisciare le dita sul copriletto, con un leggero fruscìo sul raso. «Poi vanno, il più velocemente possibile, a trovare un altro guscio che pensano potrebbe adattarsi meglio.»

Jean-Philippe annuì saggiamente. «Mi comprano dei nuovi vestiti quando i miei pantaloni si aprono, quando mi siedo. Siamo dovuti venire in questa casa quando quella in cui vivevamo è bruciata. Alcune persone hanno detto che la casa era tracig... trajkig... tragica, ma a me piaceva... e anche i miei amici. Louis aveva due barboncini. Quelli sono cani, lo sapevi?»

Come si può dimenticare il candore dei bambini in età prescolare? E cosa intendeva con “tragica”? Non aveva certo intenzione di chiedere i dettagli a Jean-Philippe, ma non poteva fare a meno di domandarselo. «Mi dispiace. Sembra che ti manchino la tua casa e i tuoi amici.»

«Jean-Philippe, avresti dovuto restare con Yvette fino a quando Mademoiselle Carson non avesse avuto la possibilità di sistemarsi.» La voce profonda proveniente dalla porta, fece scattare Veronica in piedi. Come prima, la vista dell’alta figura del proprietario di quella voce, le fece battere il cuore e fremere le terminazioni nervose. Qualcosa in Monsieur Reynard aveva attirato la sua attenzione come nessun altro in precedenza. Forse come nessuno aveva mai fatto.

В«La signorina Carson dice che posso chiamarla Veronica e lei mi chiamerГ  Jean-PhilippeВ» disse il ragazzino.

«È vero? A volte Jean-Philippe... beh, spesso... ha una grande immaginazione.» Monsieur Reynard si voltò verso di lei mentre parlava.

Una strana sensazione allo stomaco avvertì Veronica che forse le abitudini della casa erano un po’ più formali, ma si trattava di un bambino, per l’amor del cielo. Di sicuro non avrebbe voluto che un bambino di quattro anni la chiamasse �Mademoiselle Carson’. Veronica alzò il mento.

В«Ha capito perfettamente. In realtГ , spero che tutti mi chiamino Veronica. Non credo di essere mai stata chiamata Miss, o Mademoiselle, Carson.В» Se avesse pensato che il suo nuovo datore di lavoro le avrebbe chiesto di chiamarlo con il suo nome di battesimo, qualunque fosse, in cambio, sarebbe rimasta delusa.

В«Benissimo. Lo farГІ sapere al resto dello staff. E ora, Jean-Philippe, credo che abbiamo rubato abbastanza tempo, a, ehm, Veronica. Lasciamo che si rilassi e si rinfreschi.В»

«Non mi importa se rimane. Io, ehm, non ho molto da disfare o... rinfrescare, davvero.» Sentì le sue guance avvampare, mentre gesticolava goffamente verso la grande ventiquattrore dove aveva infilato un rapido cambio di vestiti e due set di biancheria intima, nel caso il colloquio fosse finito tardi e lei avesse perso l’ultimo treno.

Lui sollevò un sopracciglio scuro. «Effettivamente mi devo scusare per non aver considerato i suoi piani, con la mia offerta impulsiva. Forse non si aspettava di rimanere così presto.»

В«Oh, nessun problema, capiscoВ» si affrettГІ a rassicurarlo, e lui inarcГІ le labbra in un sorriso ironico.

«E lo apprezzo, ma il problema rimane. Se per lei va bene, prenderebbe in considerazione di acquistare qui, in città, tutto ciò di cui potrebbe aver bisogno per la prossima settimana, a mie spese, ovviamente, e tornare a Boston con me mercoledì prossimo per fare le valigie? Temo che dovremo partire abbastanza presto, ho una riunione alle undici, ma lei avrebbe tutto il giorno a disposizione e saremo di ritorno entro sera.»

All’idea di passare ore in macchina con quell’uomo, andando e tornando da Boston, venne travolta da un’ondata di qualcosa che poteva essere sia eccitazione che panico. «Oh, non è necessario... posso...» Veronica non era sicura di come avesse pianificato di finire quella frase, ma Monsieur Reynard la interruppe.

В«No, no, insisto. Ora lei ГЁ una mia dipendente, uno stimato membro della mia famiglia. Inoltre, sarГ  la custode di tutto ciГІ che ho di prezioso: Jean-Philippe, il mio stesso cuore.В»

Le sue parole e il suo tono la presero alla sprovvista, così inaspettatamente tenere, provenendo da qualcuno che sembrava altrimenti formale e quasi distante. Ma mentre parlava, lei sentì la verità nascosta nella sua voce. Quell’uomo amava suo figlio ferocemente.

В«Ovviamente. Grazie, alloraВ» accettГІ.

В«Mancano ancora ore prima che faccia buio e alla cena. Forse Veronica dovrebbe andare in cittГ  adesso?В»

Monsieur Reynard guardГІ incuriosito il volto sorridente di suo figlio. В«Giusto. Questo sarebbe un buon momento per andare...В»

В«Yeah!В» EsultГІ Jean-Philippe. Le labbra di Veronica si contrassero mentre tratteneva una risata e il suo nuovo datore di lavoro la guardГІ con aria interrogativa.

В«Credo che si sia ricordato che ho promesso che gli avrei portato una sorpresa la prossima volta che fossi andata in cittГ В» spiegГІ.

Monsieur Reynard non sorrise veramente, ma i suoi occhi si ammorbidirono in un modo che la fece sentire improvvisamente accaldata. В«Vedo che ha giГ  imparato a conoscere una delle cose preferite di questo piccolo mascalzone. Le sorprese non sono mai troppe.В»

В«Potrebbe aver sottinteso qualcosa del genereВ» rispose lei scoppiando a ridere apertamente. В«E sarei felice di andarci adesso. Non ho altro da fare, dopotutto.В»

Stranamente, le sue parole informali sembrarono raffreddare la temperatura della stanza, e lei desiderГІ potersele rimangiare.

«Monsieur Hormet la accompagnerà, allora, e gli darò istruzioni di farmi fatturare direttamente dai negozi di abbigliamento… Non c’è bisogno che scelga qualcosa...» fece una pausa, come se cercasse una parola con tatto, «...di eccessivamente pratico» decise infine. «Può prendere qualcosa di adeguato e appropriato senza preoccuparsi del costo.»

La scelta del cappotto di oggi mi perseguiterà per sempre? Si chiese Veronica. Di solito non si vestiva così, ma si era trattato di un colloquio di lavoro!Buon Dio. Nessuno in quella casa sapeva che per un colloquio di lavoro ci si veste per compiacere qualsiasi tipo di interlocutore?

«Grazie. Farò del mio meglio» rispose acida, pensando che lui non avesse notato l’accenno di sarcasmo nel tono della sua voce, ma colse un certo luccichio di divertimento negli occhi del suo nuovo datore di lavoro, quando gli passò accanto dopo che lui le aveva fatto cenno di precederlo. Forse Monsieur Reynard non era fatto di marmo, dopotutto.



Lasciando la stanza, Alain si rese conto di cosa fosse quella sensazione sconosciuta che si agitava nel suo petto. Leggerezza. Umorismo. Pensò che potesse piacergli davvero quella giovane donna un po’ troppo modesta. Veronica. Il nome non sembrava adatto a lei, ma gli era piaciuto come aveva insistito che tutti la chiamassero così, anche se lui aveva notato che si era resa conto che fosse una richiesta insolita.

Il suo istinto, e aveva costruito il suo vasto impero commerciale in gran parte sulla sua percezione nei riguardi degli altri, gli diceva che non avrebbe potuto trovare una compagnia migliore per il suo bambino. E se le sue parole, espresse d’impulso, avevano sorpreso sia lui che la giovane donna, niente poteva essere più vero. Jean-Philippe era il centro del suo mondo. La leggerezza e la gioia che suo figlio portava con sé illuminavano anche le parti più oscure del cordiglio e dell’angoscia di Alain.

Se prima dei recenti avvenimenti nella loro casa di Nizza a volte aveva dato per scontata la sicurezza e la presenza continua di suo figlio, ora tutto quello che faceva era per Jean-Philippe. Aveva trasferito una porzione molto ridotta della servitù nella loro casa più piccola e più remota lì, nel Maine, in parte per tenersi lontano dalla stampa implacabile, ma soprattutto per suo figlio, per assicurarsi che Jean-Philippe potesse correre libero e divertirsi senza il costante controllo dei media, le speculazioni, i sospetti, e i costanti crudeli pettegolezzi a cui non potevano sfuggire in nessun ambito della società francese.

L’ironia della scelta del luogo non gli era sfuggita, però. Era una delle case che aveva ereditato da suo padre, il quale aveva fatto trasportare lo storico castello via nave, mattone dopo mattone, dal nord della Francia come grande gesto romantico in onore della moglie americana. Era sempre stato un posto speciale e idilliaco per Alain e suo fratello, Marius, quando vi si erano recati durante alcune delle loro vacanze estive da bambini. Dopo la morte dei suoi genitori, anche Alain l’aveva condiviso con sua moglie Joëlle, quando si erano appena sposati. Una volta aveva pensato che potesse diventare anche il loro posto speciale, ma naturalmente alla fine si era sbagliato, come si era sbagliato su tante cose legate a Joëlle. Non ci avevano mai portato Jean-Philippe in vacanza. Alain non aveva mai avuto tempo per lunghe vacanze. O, per meglio dire, non aveva mai fatto in tempo. Ma ora, trovare tempo per suo figlio, considerando i suoi desideri e le sue necessità, era la cosa più importante per lui.

A volte, nelle ultime due settimane, da quando erano arrivati, aveva avuto l’impressione di avvertire la presenza degli spiriti di coloro che non c’erano più. Una suggestione, ma aveva immaginato di aver sentito il profumo di sua madre o dei fiori che lui e suo fratello raccoglievano per lei ai margini della foresta vicina.

Avrebbe potuto giurare di aver sentito anche la risata argentina di sua moglie. Era stato attratto da tante cose di Joëlle, quando si erano conosciuti, ma la sua risata, il modo in cui il suo bel viso si illuminava di felicità, era qualcosa che non avrebbe mai dimenticato. Poi l’aveva persa, ma la sua risata era qualcosa che aveva sentito spesso quando erano andati lì, insieme. Quel castello sembrava quasi infestato, non dalla malinconia ma da ricordi che ora erano ugualmente tristi. Sperò che Jean-Philippe e la sua nuova ragazza alla pari potessero scacciare quei ricordi, sostituendoli con altri nuovi... migliori.

Si scosse di dosso quei pensieri malinconici: da quando era diventato così sdolcinato? Alain si diresse nel suo ufficio. I suoi passi erano ancora dolorosi, specialmente se aveva camminato molto durante il giorno, ma ormai, il più delle volte, riusciva a nascondere le smorfie e la rigidità, se si muoveva molto lentamente. Volutamente. Quel giorno, però, aveva decisamente camminato troppo e avrebbe dovuto sollevare la gamba, quando si fosse seduto. Poco prima di entrare nel suo ufficio, con l’intenzione di fare un’ultima chiamata in videoconferenza con un importante cliente parigino, prima che fosse troppo tardi in Europa, non poté fare a meno di sorridere, e la sensazione di usare quei muscoli facciali gli risultò insolita.

Non gli era sfuggito il modo in cui gli occhi di Veronica avevano lampeggiato e il suo petto si era gonfiato per l’indignazione, quando le aveva suggerito di non essere troppo frugale nelle sue scelte, anche se lei aveva cercato di nasconderlo. Poteva magari essere modesta, ma sotto sotto c’era anche del fuoco... Sperò sinceramente che si divertisse a fare shopping in città e, incuriosito suo malgrado, si chiese cosa avrebbe preso per Jean-Philippe. Sentì una strana accelerazione nel suo polso ricordando le sue curve generose, a quanto sarebbe stata morbida se l’avesse toccata, baciata, tenuta contro il suo corpo. Poi si tolse ogni pensiero di lei dalla testa e si concentrò sugli affari.


Capitolo Tre

Grant’s Cliff si trovava a solo a un paio di miglia al massimo dal castello e la città era sorprendentemente grande, ma molti dei caffè e dei negozi di souvenir lungo la strada principale del centro erano ancora chiusi per la stagione. Contrariamente a quanto aveva detto il controllore, sembrava dopotutto una meta turistica, anche se piccola. Veronica era stata a Camden, una volta, in una gita estiva di tanto tempo prima, e in diverse città del Maine meridionale, ma Grant’s Cliff sembrava più... autentica, in qualche modo, come se fosse un luogo destinato agli abitanti del posto quanto ai turisti. Dato che un altro nome del Maine era “Vacationland” – diamine, lo avevano scritto anche sulle targhe automobilistiche – pensò che forse quell’aspetto fosse insolito per una città costiera. C’erano diverse boutique tra cui scegliere, ma era preoccupata che non fossero proprio il suo stile e che i vestiti in vendita non fossero del tutto appropriati per correre dietro tutto il giorno dietro a un bambino di quattro anni. Con sollievo, individuò un minuscolo centro commerciale proprio ai margini del centro della città: era la versione più piccola di un grande magazzino che avesse mai visto. Tuttavia, riconobbe il nome e immaginò che avrebbe trovato tutto il necessario.

Monsieur Hormet, dopo averla aiutata a scendere dall’auto, la seguì all’interno e lei si sentì quasi come una celebrità con il suo piccolo entourage. Tutti, beh, tutti e cinque gli altri clienti, si girarono a guardarla, e lei arrossì, prima di dirigersi verso la sezione dei vestiti da donna. All’inizio fu parsimoniosa in quello che sceglieva, ma poi, ricordando le istruzioni di Monsieur Reynard di non essere troppo tradizionalista, aggiunse, alla sua pila di abiti, diversi top e maglioni fatti a maglia e pratici pantaloni. Quando arrivò a calze, biancheria intima e camicie da notte, Monsieur Hormet si schiarì la gola e guardò di proposito altrove, cosa che la fece sorridere. Avrebbe anche potuto giurare che un leggero rossore colorasse le guance consumate dal tempo di quel brav’uomo.

Portò tutto quello che aveva scelto nel camerino, con l’aiuto di una commessa che doveva avere diciassette anni, e cominciò a provare il primo vestito. Mentre si infilava i jeans foderati di pile e il maglione, si rese conto di non essere sola.

“...pericoloso lassù. Non lascerò che Caitlin e Connor vadano a giocare lì, visto che la bestia è tornata.”

Non riuscì a distinguere ogni parola della conversazione sommessa delle donne, ma le sue orecchie praticamente bruciarono, sentendo qualcun altro menzionare la bestia. Che diamine?

“...non sicuro ... dovrebbe essere illegale ... quel ragazzino.” La voce dell’altra donna era ancora più bassa, ma le sue parole più urgenti.

Quando Veronica sentì le porte del camerino accanto al suo aprirsi, si affrettò a finire di infilarsi il maglione, ma era troppo tardi per vedere qualcosa di più delle spalle di due donne che camminavano lungo lo stretto corridoio centrale del reparto femminile. Cosa avevano voluto dire? Da come ne parlavano, sembrava più che si stessero riferendo a una persona piuttosto che a un animale, ma chi chiamerebbe una persona “bestia”? E perché? Lei e Jean-Philippe sarebbero stati al sicuro durante le escursioni giornaliere che lei stava già pianificando mentalmente per loro due?

La commessa adolescente la stava aspettando, e l’entusiasmo genuino della ragazza per le sue scelte le fece presto dimenticare la strana conversazione. Finì per comprare un completo nuovo per ogni giorno della settimana – dimostrando che poteva essere non poi così pratica – insieme a un sufficiente assortimento di biancheria intima. Si sentì un po’ in colpa per aver comprato un paio di scarponi da trekking impermeabili super comodi, perché in realtà non possedeva quel tipo di scarpe da quando era bambina. Inoltre, era ragionevolmente certa che Monsieur Reynard sarebbe rimasto sconvolto da chiunque possedesse qualcosa di così pratico. Infatti, cercò di pagare lei stessa gli stivaletti, ma era già stato messo tutto insieme sul conto. Decise che avrebbe ripagato Monsieur Reynard e spiegato l’errore, dato che avrebbe comunque dovuto comprare qualcosa come quelle calzature per il nuovo lavoro. All’ultimo minuto, aggiunse anche un abito, dal momento che non era davvero sicura di cos’altro avrebbe comportato il suo lavoro. Non riusciva ancora a capire quale fosse lo stile di vita al castello e voleva essere preparata e, se possibile, evitare di indossare di nuovo il suo abito da colloquio.

Sorrise tra sé e sé mentre se ne andavano, finché non si rese conto che tutti la stavano di nuovo fissando. La studiavano, a dire il vero. Rivolse un vago sorriso al negozio in generale e pensò che non dovevano esserci molti visitatori in quel periodo dell’anno. Tuttavia, era stato strano.

Dopo aver messo le borse in macchina, fermò Monsieur Hormet prima che rientrassero. «C’è un negozio di caramelle o di giocattoli?»

Lo scintillio nei suoi occhi le disse che sapeva perché lo stava chiedendo. «Ce ne sono diversi, ma la maggior parte sono ancora chiusi per la stagione. Lì c’è un bel negozietto di souvenir che vende cose buffe e dolcetti.» Le indicò l’isolato successivo, ma quando fece per seguirla, lei lo fermò.

«No, no... lei rimanga qui. Ci metterò solo cinque minuti.» L’aria era ancora fresca, ma un po’ di sole doveva aver finalmente fatto breccia nel grigiore precedente, e le piaceva come faceva sentire tutto più gradevole. Poteva vedere e sentire l’oceano da quasi tutte le parti del piccolo centro. Sembrava davvero un pittoresco villaggio di pescatori del New England con rifiniture raffinate.

Il negozio di souvenir era strapieno di ogni sorta di cose, e lei immaginò che sarebbe stato il paradiso di un bambino. Aveva di tutto, dalle aragoste a molla alle caramelle sfuse e cioccolatini, mescolati a occhiali da sole, magliette e tutte le solite cose da turisti. Quando entrò, una donna stava parlando con la commessa, ma la conversazione si fermò non appena il campanello sopra la porta suonò, annunciando la sua presenza. Eppure, pensava di aver sentito “lavora per la bestia.”

В«BuongiornoВ» azzardГІ, usando il suo tono piГ№ amichevole.

Le due donne sorrisero, ma non risposero.

Consapevole che Monsieur Hormet la stava aspettando, fece un rapido giro del negozio e fu felice di trovare un piccolo set di creature marine di plastica. Pensò che a Jean-Philippe sarebbe piaciuto e che sarebbe stato qualcosa che avrebbero potuto portare con loro e con cui giocare durante una scampagnata, e su cui inventare storie. Alla cassa, prese anche un paio di pezzi di caramelle salate fatte in loco, solo perché, beh... yum. Magari avrebbe potuto sgranocchiarne una mentre tornava a casa. La commessa le fece il conto in totale silenzio, mentre l’altra acquirente stava in disparte, ma Veronica avvertì i loro sguardi su di sé, mentre entrambe la guardavano uscire. Veronica combatté l’impulso di spazzolarsi la schiena per essere sicura che qualcosa non si fosse incollato in quel punto. Si supponeva che gli abitanti del Maine fossero più amichevoli dei bostoniani, che potevano essere un po’ scontrosi, ma… wow. Cos’aveva quella città?

Il viso di Monsieur Hormet si atteggiГІ in un sorriso quando vide cosa aveva comprato.

В«Ottima scelta, MademoiselleВ» disse, aprendole la portiera per farla entrare.

В«Grazie, e spero che mi chiamerГ  Veronica. Monsieur Reynard ha detto che avrebbe informato tutti, ma probabilmente non ne ha avuto il tempo...В»

«Certo, Mademoiselle Veronica. Con piacere» rispose Monsieur Hormet, e lei dovette nascondere un suo sorriso. Beh, almeno l’aveva chiamata Veronica... più o meno.

Dopo il breve viaggio di ritorno al castello, l’uomo insistette per portarle le borse nella sua stanza.

«Ha un po’ di tempo libero, Mademoiselle Veronica. Monsieur Reynard e Jean-Philippe non la aspettano per cena prima delle sei e mezzo. Yvette probabilmente farà il bagno a Jean-Philippe.»

Veronica guardò di nuovo la vista spettacolare, poi sorrise ampiamente a Monsieur Hormet. «Grazie... allora penso che resterò fuori ancora un po’, per fare una passeggiata veloce, se va bene.»

L’uomo più anziano annuì. «Ovviamente. Tutta questa terra, praticamente tutto ciò che può vedere, in effetti, appartiene ai Reynard, quindi puoi andare ovunque senza sconfinare. C’è un sentiero che porta a una piccola spiaggia.» Lui indicò quella che sembrava essere una spaccatura tra le rocce a circa quattrocento metri alla sua destra. «È una discesa facile e pittoresca, anche se l’acqua può essere troppo agitata per nuotare. Non che oggi faccia abbastanza caldo per prenderlo in considerazione, comunque.»

«Merci encore, Monsieur Hormet» rispose Veronica, avviandosi in quella direzione. Quell’uomo era semplicemente adorabile, anche se i suoi modi erano un po’ austeri.

Il pallido sole stava tramontando, e nonostante le nuvole grigie rimaste formassero cumuli ondeggianti nel cielo, c’erano accenni di un rosso glorioso, di arancione e rosa, mescolati anche con un po’ di viola. Si fermò vicino al bordo delle scogliere rocciose e fece un respiro profondo, trasalendo quando sentì il suo telefono ronzare nella tasca.

AbbassГІ lo sguardo e si accorse che aveva perso quattro SMS di Katrin.

Com’è andata?

Lo sapevo ... Devi aver ottenuto il lavoro! Congratulazioni!

Va bene. Non ti sto perseguitando, ma è un po’ che non ti fai viva. Non c’è campo??

Il messaggio seguente, appena arrivato, la fece quasi ridere a crepapelle.

Se non avrò tue notizie nei prossimi dieci minuti, dovrò presumere che tu sia incatenata nelle segrete del castello, con solo una crosta di pane ammuffito e acqua sporca per sostentarti, diversi ratti come unici amici e compagni, e sarò costretta a chiamare tuo fratello per organizzare un’operazione di salvataggio sotto copertura.

Veronica digitГІ la sua risposta.

Scusa! Ho ottenuto il lavoro. Dovendo iniziare subito, sono andata in città per comprare altri vestiti. La ricezione è un po’ discontinua, qui, ma accettabile in casa.

Sorrise e digitГІ un secondo messaggio.

Avevi ragione. Decisamente gotico. :)

Memore di tutte le carte che aveva firmato e anche della sensazione che Monsieur Reynard fosse molto riservato, scattò alcune foto del panorama con il suo cellulare evitando la casa, poi si girò per scattarsi un selfie con l’oceano alle spalle. Ne aveva scattate un paio, una delle quali non la faceva sembrare troppo brutta anche se i capelli le volavano da tutte le parti, e aveva appena cominciato a digitare un messaggio per accompagnarla, quando il telefono le venne strappato di mano.

Monsieur Reynard era arrabbiato, addirittura furioso, aveva uno sguardo ostile e ogni linea della sua alta struttura era tesa per l’ira a malapena contenuta.

«Per chi lavora? Chi l’ha mandata?» le chiese.

Cosa? «Io lavoro per lei... o almeno così credevo. Sono stata raccomandata Madame Montreaux.» Veronica era sinceramente confusa e un po’ spaventata, ma cercò di essere paziente. Forse era successo qualcosa che aveva danneggiato la sua memoria nel suo recente incidente? Tuttavia, lo sguardo che le stava rivolgendo le fece scorrere un brivido lungo la schiena. Nonostante le sue ferite, quello era un uomo potente e pericoloso, specialmente in quel momento, quando la facciata solitamente affascinante era caduta.

«Sì, certo. Quale giornale? Sito web? A chi sta inviando le foto?» Abbaiò le domande, avvicinandosi, così tanto che Veronica poté sentire l’odore della sua colonia speziata e percepire il calore che si irradiava da lui. E come diavolo aveva fatto a scendere da casa così in fretta?

La sua bocca si aprì. «Non lavoro per nessuno. Stavo solo mandando delle foto a una mia amica. Può controllare», propose, e aggiunse seccamente: «anche se non apprezzo che mi abbia sequestrato il telefono.»

Lui diede un’occhiata al messaggio parzialmente digitato. «Una prova che è viva?» esclamò, sollevando un sopracciglio.

«È... ehm... una battuta tra noi» spiegò.

Alain fece scorrere i messaggi verso l’alto, e lei giurò di vederlo quasi sorridere, suo malgrado. «Rinchiusa in una segreta, eh?»

Lei agguantГІ il telefono. В«Non avrebbe dovuto vederli.В» Chiuse i messaggi e apri le foto.

«Guardi!» Gli restituì il telefono per mostrargli le foto che aveva appena scattato. «Sono tutte dell’oceano. Ho immaginato che non avrebbe apprezzato che fotografassi la casa.»

Monsieur Reynard le esaminò, i residui di tensione svanirono dal suo corpo. «Sembra che le debba delle scuse molto sincere. Io, ah, non ho giustificazioni se non che la stampa francese è stata implacabile dopo l’...incidente, e ho pensato.... Quando l’ho vista scattare delle foto, ho pensato che fossero riusciti a raggiungerci anche qui. Voglio solo proteggere Jean-Philippe.»

Veronica considerò ciò che aveva detto. Le sue scuse sembravano oneste e lui pareva contrito. Sicura che lui non fosse un uomo abituato ad avere torto, apprezzò il fatto che l’avesse ammesso subito. Ora che il momento di tensione era passato, notò quanto fossero vicini l’uno all’altra. Soli. Sembrava stranamente intimo, e anche lui doveva averlo percepito, dato che fece un goffo passo indietro.

«Scuse accettate» gli rispose alla fine. «Spero che non la prenda nel modo sbagliato, ma davvero non so chi siate, lei e Jean-Philippe, se non amici di famiglia di Madame Montreaux, o almeno questa è stata la vaga impressione che ho avuto da lei. Non riesco però a immaginare cosa si provi a passare attraverso qualcosa di così... difficile, e poi di dover affrontare il fatto che venga pubblicizzato, per giunta.»

Lui fece una smorfia. «Penso che sia un buon promemoria che forse non sono così famoso come penso di essere.»

Veronica sorrise al suo tono autoironico. В«Beh, non se la prenda. Di solito non ho tempo per leggere People, e tanto meno Paris MatchВ» disse, nominando una delle riviste piГ№ famose in Francia. В«Una volta ho incontrato un attore di Hollywood in un bar, e gli ho chiesto se fossimo andati al college insieme.В»

La sua risata di risposta fu tanto improvvisa quanto sorprendente, e suonò un po’ stentata, come se non ridesse molto spesso.

В«Cosa ha risposto?В»

Lei si morse il labbro. В«Ha solo detto di noВ» rise al ricordo. В«Non saprei dire chi fosse nemmeno ora, se non per il fatto che un paio di persone si sono avvicinate a lui per chiedergli un autografo subito dopo. Ero mortificata.В»

Lui allungò la mano per restituirle il telefono, premendo il pulsante per tornare alla schermata iniziale, ma si fermò quando guardò l’immagine dello screensaver, che era apparsa. Il respiro si bloccò nella gola di Veronica. Era una sua foto sulla spiaggia, affiancata da due giovani uomini alti e belli. C’era stata una brezza quel giorno, quindi i loro capelli erano tutti scompigliati dal vento, e il sorriso sui loro volti era sereno e del tutto spensierato. Era stato quello che lei considerava "L’Ultimo Splendido Giorno".

Sperò che lui non le chiedesse nulla, e qualcosa doveva averle brillato negli occhi, visto che lui le restituì il telefono senza fare commenti.

В«Ci vediamo a cena?В» le chiese.

«Senz’altro. A più tardi. In realtà, è meglio che vada a prepararmi» rispose, voltandosi verso la casa.

«Naturalmente.» Aveva parlato con un tono annoiato, e lei lo riconobbe per il congedo che voleva essere. A quanto pareva, Monsieur Reynard era una somma di contraddizioni, ma ormai aveva scorto l’uomo, nascosto dietro il personaggio affascinante e remoto. In precedenza lo aveva trovato attraente, misterioso, ma in quel momento... in quel momento si rese conto che poteva essere pericoloso. Oh, non pensava che avrebbe fatto del male a qualcuno, anche se non le sarebbe certo piaciuto trovarsi dalla parte del destinatario della sua ira. No, era una minaccia per la sua stessa pace mentale. Era sconcertante, ma per quanto si sforzasse, non riusciva a smettere di pensare a lui e alla sua risata involontaria, al calore del suo corpo vicino al suo. E sarebbe andata a vivere a casa sua.

Avrebbe dovuto stare attenta.


Capitolo Quattro

Alain stava aspettando nel salottino suo figlio e Mademoiselle... no, Veronica, lui l’avrebbe chiamata Veronica. L’informalità le si addiceva. Nell’attesa, si versò un bicchierino di Pastis dal vassoio che si trovava sopra l’armadietto dei liquori. Hormet, che lo conosceva bene, aveva lasciato anche una piccola brocca di acqua ghiacciata da aggiungere al Pastis fino a renderlo della perfetta tonalità giallo chiaro opaco. L’odore di liquirizia del liquore, gli ricordava sempre la famiglia di suo padre che proveniva dal sud della Francia. La Provenza. Affettuosi, genuini e gentili, avevano amato i loro figli e nipoti. E suo nonno aveva sempre offerto loro quella delizia al gusto di anice.

Era rimasto spiazzato per aver commesso un tale errore con Veronica, quel giorno, a proposito delle foto sul suo telefono. Non era da lui sbagliarsi così tanto sulle intenzioni di qualcuno, ma poi, si ricordò, si era sbagliato anche un altro paio di volte, nel recente passato. Clamorosamente sbagliato. In effetti, per qualcuno che aveva costruito la sua intera attività, la sua intera fortuna, sull’essere un così accorto giudice del carattere altrui, ultimamente sembrava non esserne più capace.

La sua risata fu priva di senso dell’umorismo. Anche nei suoi stessi pensieri, stava minimizzando l’enormità di ciò che era andato storto. Suppose di non volerlo affrontare, nemmeno nella sua mente. Perché in quel caso avrebbe dovuto essere onesto con se stesso, e non era sicuro di sentirsi pronto per quello. Non ancora, comunque.

Fu salvato dalla cupa svolta che stavano prendendo i suoi pensieri dalle allegre chiacchiere di suo figlio, mentre il bambino irrompeva nella stanza.

«Papa! Veronica mi ha portato delle creature marine. Moltissime. Ci sono una pastinaca e una manta e un calamaro gigante e un’orca! Guarda!» Tese una specie di giocattolo di plastica il più in alto possibile arrivando quasi al petto di suo padre, visto quanto era alto Alain, ma Jean-Philippe si mantenne coraggiosamente dritto sulla punta dei piedi.

«Sorprendente!» rispose Alain, studiando la figura di plastica come se fosse un’opera d’arte in un museo. «Sembra proprio l’orca che abbiamo visto durante il whale-watch l’estate scorsa in Alaska, non credi?»

Jean-Philippe annuì eccitato mentre Veronica lo seguiva nella stanza, con la gonna del suo semplice vestito nuovo che scivolava frusciando contro lo stipite della porta.

«Adoro le orche. Sono predatori. Orche assassine. Lupi di mare. A volte mangiano gli squali. Questo è figo! Papà e io abbiamo visto un intero branco l’estate scorsa, vero? Penso che questa assomigli alla mamma orca... o forse al bambino. Le orche sono davvero grandi. Ma le balene blu sono più grandi.»

Alain tentГІ di trattenersi, ma non potГ© fare a meno di osservare la reazione di lei al monologo eccitato di suo figlio. Lui ci era abituato, ma a un estraneo poteva risultare scioccante. O, come era stato per la madre di Jean-Philippe, noioso.

I loro occhi si incontrarono al di sopra della testa bionda di Jean-Philippe, e i loro sguardi si incrociarono. Gli occhi di lei erano grigi, chissà perché non aveva notato prima quel colore insolito, e profondamente divertiti, non in modo condiscendente, però. Lo capì immediatamente. No, a Veronica piaceva suo figlio. Ascoltava il bambino, lo ascoltava davvero, nonostante il rapido flusso di parole con cui Jean-Philippe si esprimeva spesso. Lo sguardo che lei rivolse ad Alain lo riscaldò e lo fece anche sentire colpevole. Quel calore era dovuto alla connessione che condividevano in quel momento, al divertimento e all’apprezzamento che provavano per l’entusiasmo genuino di Jean-Philippe.

Il senso di colpa colpì Alain con altrettanta forza, poiché sua moglie Joëlle non aveva mai sentito quel tipo di legame. In effetti non le era mai importato, anche quando ne aveva avuto l’occasione. Per lei, avere Jean-Philippe era stato profondamente fastidioso, e anche se si era divertita ad agghindarlo, non lo aveva mai considerato come una persona a pieno titolo. Se fosse stata lì, al posto della nuova ragazza alla pari, non sarebbe riuscita a scappare abbastanza in fretta dalla stanza. Ma lui si sentiva comunque colpevole.

Si schiarì la gola per nascondere il suo disagio. «Vuole qualcosa da bere, Madm... ehm, Veronica?»

Lei esitò, e lui poté quasi scorgere i pensieri nella sua testa dato che il suo viso era così aperto. Non era sicura di quale fosse la risposta giusta. Stava chiaramente valutando se dovesse rifiutare perché era nuova... o se fosse più educato accettare qualcosa.

«Forse un piccolo sherry o un porto? Io sto bevendo un Pastis, se le piace.» Non sapeva perché glielo avesse suggerito, se non perché non gli piaceva vederla a disagio. Il suo vestito, inoltre, non era così scialbo come lui aveva immaginato, ma sembrava invece abbracciare amorevolmente le sue curve in un modo che lo distraeva molto.

La voce di Jean-Philippe ruppe l’incantesimo, distraendolo dalla contemplazione del vestito di lei. «Vorrei seltz con lime, per favore, papà» disse suo figlio, spostando il suo giocattolo e facendo versi da orca. Quelli molto acuti. In realtà erano piuttosto ben riusciti, notò Alain con orgoglio, anche se i suoi timpani avrebbero potuto non essere d’accordo.

«Ovviamente, mon grand» rispose Alain, sorridendo al suo bambino mentre lo chiamava scherzosamente con l’equivalente francese di “grand’uomo”.

В«Mi piacerebbe un Pastis, allora. Grazie.В» Il tono di Veronica era cauto e leggermente formale, e per qualche motivo gli venne voglia di sorridere ancora una volta. AlzГІ entrambe le sopracciglia quando lei gli comunicГІ la sua scelta. Avrebbe potuto arrivare ad amare quel tono di voce impertinente e il modo lussurioso in cui lei socchiudeva le labbra.

В«Un Pastis? Lo ha giГ  bevuto in precedenza, quindi?В»

Un’espressione curiosa, un misto di amore assoluto e profondo dolore, le attraversò il viso. Era rimasta lì solo per un secondo, ma era inconfondibile. Alain la riconobbe, e si rese conto che era la stessa espressione che lei aveva avuto quando aveva guardato la foto, il piccolo screensaver sul suo telefono.

«Sì, solo qualche volta, ma mi è piaciuto. Ho studiato a Parigi per un semestre, quando ero al college, ma ho fatto un viaggio una volta nel sud, vicino ad Aix-en-Provence.»

Reprimendo la sua curiosità, Alain preparò abilmente sia il drink di Veronica che quello di Jean-Philippe. Le loro dita si sfiorarono solo per un istante, quando lui le porse il bicchiere. Nonostante il vetro ghiacciato, lui sentì un brivido caldo provenire dal punto in cui si erano toccati, che presto si diramò lungo tutto il corpo. Ritirò la mano come se si fosse bruciato, e lei fece qualcosa di simile, spruzzandosi del liquido sul vestito. Non incrociò il suo sguardo, mentre cercava disperatamente di riportare la serata su un piano più consono. Cortese. Distante.

«Aix è bellissima... È vicina al luogo da dove proviene la famiglia di mio padre.» Aveva provato a fare alcune delle piacevoli conversazioni in cui eccellevano i suoi coetanei, ma invece, aveva rivelato più di se stesso. Perché aveva scelto quelle parole? Non parlava quasi più della famiglia di suo padre. Si sentì profondamente a disagio nel constatare quanto lei gli stesse già piacendo, e fece un passo indietro a livello mentale.

Inconsapevole del suo imbarazzo, Veronica rispose con cortesia «Oh, sì. Un’architettura meravigliosa. Non sapevo che i romani avessero vissuto così tanto lì, costruito così tanti edifici. Ma non mi sono piaciute le arene.» I suoi occhi si addolcirono di compassione. «Mi sembrava quasi di percepire tutti i combattimenti che dovevano essersi svolti tra quelle mura.» Si fermò prima di dire la parola, probabilmente per riguardo verso Jean-Philippe, ma Alain capì perfettamente cosa intendeva. Tutta la morte... L’aveva sentita anche lui. Qualcuno non sempre sopravviveva dopo un combattimento, e spesso nessuna delle due parti si salvava. Era stato un commento istintivo, ma gli dimostrava quanto lei fosse sensibile. E l’ultima cosa che qualcuno, intorno a lui, avrebbe dovuto essere, era essere sensibile.

Si schiarì la gola per rispondere, ma Jean-Philippe parlò di nuovo per primo.

В«La mia maman ha avuto un incidente. Con SГ©bastien. Lui mi piaceva. Mi portava dei dolci. Ma le creature marine mi piacciono piГ№ dei dolci.В»

Alain sapeva che quello era stato un commento innocente. Mon Dieu, Jean-Philippe era del tutto incolpevole, ma aveva risvegliato un fuoco che lui teneva ben custodito, un fuoco che, nonostante tutti i suoi sforzi, aspettava solo di divampare da un momento all’altro: la rabbia, cruda e primitiva. Sébastien era stato il suo più caro amico, il suo più stretto socio in affari e un assiduo frequentatore della loro casa. Poi aveva improvvisamente tradito Alain in ogni modo, e Joëlle...

In un attimo, non c’era abbastanza aria nella stanza e Alain aveva bisogno di respirare. Inoltre, aveva bisogno di allontanarsi da Jean-Philippe per mantenere la sua innocenza, lasciandolo ignaro della verità il più a lungo possibile. Stranamente, voleva proteggere anche la nuova ragazza alla pari. Veronica, con la sua aria così paziente e buona, anche se lui aveva intuito che nel suo passato avesse conosciuto la sua dose di tristezza.

Posò il bicchiere e guardò di proposito l’orologio. «Mi dispiace. Ho dimenticato una chiamata che devo fare prima che i mercati aprano a Hong Kong» disse. Il suo tono era piatto, e le sue parole suonavano vuote anche alle sue stesse orecchie: doveva uscire di casa, nell’aria fresca della sera. «Perdonatemi. Sarà per un’altra volta. Buona cena.»

Senza nemmeno guardarla, si accorse che Veronica era stata presa alla sprovvista. Anche Jean-Philippe sembrava deluso, ma se la cavГІ meglio perchГ©, con vergogna di Alain, suo figlio aveva fatto molta pratica.

Sentiva ancora sulla lingua il retrogusto amaro della sua menzogna accuratamente formulata, quindi si voltò senza dire una parola e uscì con deliberata attenzione dalla stanza, proseguendo dritto fuori dalla porta principale nella foschia scura della sera.

Dopo la brusca partenza di Monsieur Reynard, Veronica abbassò lo sguardo su Jean-Philippe. Il viso del bimbo era abbattuto ma stoico. Le fece male il cuore. Chiaramente, quella scena si era già ripetuta in passato, il che era strano, visto che da subito le era parso evidente che Monsieur Reynard adorasse il suo bambino. Ma immaginò anche che lui dovesse essere un maniaco del lavoro. Nessuno diventava un mega milionario mantenendo un buon equilibrio tra lavoro e vita privata. Lei stava ancora imparando la disposizione della casa, dopo il breve tour della mattina, e non le sembrava che Monsieur Reynard si stesse dirigendo verso l’ala con il suo ufficio, ma suppose che potessero esserci più postazioni di lavoro.

Scrollandosi di dosso le sue riflessioni, fece un bel sorriso a beneficio di Jean-Philippe. В«Dato che siamo solo noi, avremo un dessert extra?В» gli chiese, e lui si illuminГІ immediatamente.

В«Davvero?В» le rispose.

Lei scrollò le spalle, bevendo un ultimo sorso del suo drink. «Non ne sono sicura, ma mangerò sicuramente tutta la mia carne e le mie verdure, così potrò scoprirlo.»

Jean-Philippe annuì. «Anch’io» rispose lui, facendo eco al suo tono entusiasta, e si diressero in sala da pranzo.

Sembrava un po’ ridicolo avere una tavola così elegante per due persone, soprattutto perché quelle due persone erano una ragazza alla pari e un bambino di quattro anni, ma la faccia di Monsieur Hormet mentre li serviva era assolutamente impassibile. Veronica era gelosa, in realtà. Aveva sempre voluto possedere l’abilità di non mostrare ogni suo pensiero sul viso, ma non aveva mai imparato a farlo. Prese mentalmente nota, mentre stavano mangiando l’insalata, di chiedergli più tardi come facesse.

La cena era deliziosa e molto, molto francese. Cassoulet, con insalata a seguire, poi un piatto di formaggi, a terminare con una crème brûlée. Il suo dessert preferito. Non fu difficile accettare di condividere una seconda porzione di dessert con Jean-Philippe, anche se avrebbe dovuto stare attenta, se davvero mangiavano così tutte le sere. Le maniere di Jean-Philippe erano eccellenti, molto meglio di qualsiasi altro bambino di quattro anni che lei avesse incontrato prima, ma rifletté sul fatto che quello era probabilmente un aspetto molto più normale della sua vita di quanto lo sarebbe stato per lei o per i suoi fratelli alla stessa età. Si meravigliò di quanto spesso dicesse “per favore” e “grazie”, della sua postura formale e di come non battesse ciglio davanti al formaggio di pecora o all’insalata mista. In effetti, pensò che probabilmente lei avrebbe avuto bisogno di migliorare le sue stesse maniere.

Quando ebbero finito di leccare fino all’ultima deliziosa goccia di crema pasticcera dai loro cucchiai d’argento e nessuno era venuto a dire nulla riguardo a Jean-Philippe o ai suoi impegni, capì che avrebbe dovuto improvvisare per il resto della serata. Alzò il mento, segretamente compiaciuta della possibilità di mostrare quanto bene si stesse ambientando.

В«Ho sentito che hai giГ  fatto il bagno, giusto?В» chiese.

Jean-Philippe annuì, facendo sobbalzare i suoi riccioli biondi. «Sì, adesso è l’ora della storia! Nel mio letto, ma non devo andare a dormire. A volte chiudo gli occhi, ma non devo.» Intuì dal sottofondo ostinato che “dormire” era probabilmente considerata alla stregua di una parolaccia, ma era incoraggiante che almeno il resto della routine notturna gli piacesse.

«E allora, che ora della storia sia! E scommetto che hai anche una bella camera da letto.» Sorrise passando davanti a Monsieur Hormet, e le parve di vedere l’approvazione sul suo volto.

Jean-Philippe le raccontò tutto della sua fantastica stanza mentre saliva al piano di sopra, e lei si rese conto che era proprio dall’altra parte del corridoio rispetto alla sua. Pratico. Il suo cuore fece una piccola capriola quando lui mise la sua manina paffuta nella sua con assoluta fiducia, e lei riconobbe ciò che avrebbe potuto non essere ovvio durante il giorno, quando il piccolo correva in giro come un pazzo: era pur sempre solo un bambino.

Le decorazioni nella cameretta erano una combinazione selvaggia di animali, creature marine, pianeti e dinosauri, ma tutto sembrava pulito e confortevole. Dovette nascondere un sorriso quando pensò allo sguardo che doveva avere avuto quel povero decoratore d’interni quando aveva scoperto il progetto per quella stanza, specialmente considerando quanto gusto ed eleganza sembrava avere la maggior parte del resto del castello. Ogni angolo era pieno di tesori e giocattoli per bambini, e anche di scaffali di libri. C’era un tavolo da gioco, un tavolo da pranzo, un cavalletto, una lavagna e persino una finta cucina che sembrava abbastanza grande per preparare pasti veri, santo cielo! Jean-Philippe aveva la camera da letto dei sogni di ogni bambino, ma le sue preferenze individuali erano anche impresse in modo inconfondibile.

Il suo letto, che era un tradizionale e grande letto a baldacchino in legno scuro, con una comoda sedia posta accanto – forse da Yvette? – era coperto da uno spesso piumone nero, che era praticamente l’unica cosa semplice nella stanza. Ripiegato sopra le coperte c’era un pigiama fatto di una stoffa decorata con navi spaziali, e sul pavimento c’erano anche delle piccole pantofole a forma di dinosauro. Jean-Philippe andò subito a mettersi il pigiama, poi le mostrò il bagno attiguo, dove aveva lo spazzolino e il dentifricio. Entrambi erano a tema dinosauro.

La guardò sospettoso prima di iniziare a lavarsi i denti. «La tata Marie mi leggeva sempre una storia, ma da quando se n’è andata, Yvette di solito dice che non ha tempo.»

Veronica dovette sorridere di nuovo. Lavorare in un ambiente professionale negli ultimi due anni le aveva fatto dimenticare quanto potessero essere divertenti i bambini dell’età di Jean-Philippe.

В«Prometto che avremo tempo per leggerne unaВ» lo rassicurГІ, e lui si lavГІ i denti con vigore, mentre lei osservava con occhio critico per essere sicura che arrivasse bene dappertutto.

В«Allora, che tipo di storia vuoi?В» gli chiese Veronica quando ebbe finito. В«Penso di poter inventarne praticamente di qualsiasi genere, anche se ti avverto: la mia pronuncia dei nomi dei dinosauri non ГЁ perfetta, quindi potresti dovermi correggere.В»

Gli occhi di Jean-Philippe si spalancarono e sembrГІ impressionato. В«Racconti storie inventate da te? Tata Marie mi faceva scegliere i libri.В»

В«Puoi scegliere due libri, se vuoi.В»

Lui scosse la testa con enfasi. «Oh no, voglio una storia inventata. Solo per me!» I suoi occhi blu scintillavano e praticamente ballava sulle punte dei piedi per l’eccitazione.

Veronica non aveva intenzione di fare qualcosa di così diverso o di farlo eccitare a tal punto proprio prima di andare a letto, ma fece un’alzata di spalle mentale. Averla lì era comunque fuori dall’ordinario, e lui era inevitabilmente un po’ più eccitato, quella sera.

В«Va bene, allora vai sotto le coperte e dimmi quali storie ti piacciono di piГ№. Astronauti, dinosauri, creature marine, favole...В»

Mentre si sistemava nel letto gigante, Jean-Philippe la interruppe. «Favole! Sì, io amo le favole.»

Veronica si sedette sulla comoda poltrona. «Perfetto. Piacciono anche a me.» Le sfuggì una risatina, mentre il suo protetto la guardava in attesa. Sembrava decisamente un nanetto, un bambino così piccolo in un letto enorme.

«C’era una volta...» iniziò.

«Che cosa significa?» La interruppe Jean-Philippe. Il suo inglese era così buono che era facile dimenticare che lo stava ancora imparando.

«Oh, è così che iniziano la maggior parte delle fiabe. Significa Il était une fois…»

Lui annuì sagacemente. «Ah, allora va bene.»

Nascondendo un sorriso per il tono magnanimo del bimbo – avrebbe dovuto tenere in considerazione la sua opinione – cominciò di nuovo.

«C’era una volta una bestia che viveva da sola in un castello.»

«Questa la conosco già!» si lamentò Jean-Philippe, ma Veronica scosse il dito e poi si toccò delicatamente l’orecchio.

В«Ascolta. Magari conosci una storia su una bestia, ma questa ГЁ diversa.В»

SembrГІ che lui volesse discutere, ma rimase in silenzio.

«La bestia aveva un aspetto spaventoso e sembrava feroce. I suoi ringhi erano così forti che echeggiavano sulle montagne e sulle colline. Tutti gli abitanti del villaggio avevano paura di lui.»

Gli occhi di Jean-Philippe si spalancarono. В«Aveva i denti grandi?В»

Lei annuì enfaticamente. «I più grandi! Come coltelli da bistecca, lunghi e perfidamente affilati. A volte ferivano persino le labbra della bestia, il che lo faceva sembrare ancora più terribile. Vedi, quello che gli abitanti del villaggio non sapevano era che la bestia non era pericolosa, ma era solo triste. Nessuno degli abitanti del villaggio lo sapeva, tranne un bambino, che si chiamava Ludo. Un pomeriggio, mentre stava raccogliendo delle bacche, Ludo cadde e si fece male a una caviglia. Si era allontanato da casa più di quanto avrebbe dovuto.» Quando Veronica si fermò, Jean-Philippe sembrava ascoltare avidamente. «Il suo piede era rimasto bloccato sotto la radice di un albero in un canalone...»

«Cos’è un canalone?» chiese Jean-Philippe.

«È un’altra parola per dire un fossato, come una piccola valle.»

Lui annuì e Veronica continuò, ma notò che gli occhi del bimbo cominciavano a sembrare stanchi e le sue palpebre avevano iniziato ad abbassarsi, anche se stava chiaramente combattendo contro il sonno.

«Ebbene, la famiglia e gli amici di Ludo uscirono a cercarlo, lo chiamarono e guardarono in ogni caverna e buco che poterono trovare, ma non si spinsero più lontano, nel bosco, vicino al castello della bestia e così, quando iniziò a fare buio, lui era ancora bloccato nel canalone. Aveva freddo e fame, e la caviglia gli faceva davvero male, quindi iniziò a piangere. E fu così che la bestia lo udì e lo trovò.»

Quando smise di parlare, gli occhi di Jean-Philippe, che si erano appena chiusi, si spalancarono immediatamente.

«Non fermarti! Voglio sapere cos’è successo a Ludo!» protestò.

В«Sono felice che ti piaccia, mon petit, ma adesso si sta facendo tardi. Che ne dici se ti racconto il resto domani?В»

В«Promettez?В» chiese, usando la parola francese per chiederle se lo prometteva, mentre parlava assonnato.

«Lo prometto» acconsentì lei, e si sedette accanto a lui ancora per un momento, finché non fu sicura che stesse dormendo, con le guance rosee e il petto che si muoveva uniformemente su e giù sotto il copriletto nero. Con sua sorpresa, Veronica si sentiva in pace, più di quanto non lo fosse stata da molto tempo.




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